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Yamaha Ténéré 700 XTZ 690

La Yamaha Ténéré 700 ha fatto gran parlare di sé, fin da quando si è visto il prototipo: un po’ per il nome e un po’ per l’impostazione enduristica e spartana è subito stata identificata come una possibile protagonista del segmento adventure.
Devo ammettere che, pur avendomi colpito, non è stato amore a prima vista: nel 2019 la provai subito dal concessionario (trovandola molto divertente) ma non persi la testa, soddisfatto com’ero della mia Africa Twin.

A distanza di qualche anno, a furia di sentirne parlare bene e di vederne in giro, mi sono finalmente deciso (complice una buona occasione trovata sul mercato dell’usato) e la ho acquistata, vendendo però lo scooter che usavo tutti i giorni anziché sostituire con essa l’amata Africa Twin.

Decisione questa presa un po’ perché non ero del tutto sicuro che fosse una moto abbastanza “completa” per fare davvero di tutto (in particolare lunghi viaggi) ed un po’ per vedere se fosse abbastanza versatile per essere usata anche in città, dato che mi era sembrata da subito molto più agile nel traffico. Un enorme bauletto GiVi da 58 litri per non rimpiangere il sottosella del Forza è stato il primo accessorio acquistato, seguito da barre laterali (originali, usate), paracoppa AXP e paramani Acerbis (molto più economici dei validissimi Barkbusters).

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in versione cittadina con bauletto, sul monte Fasce

Uno degli aspetti per me positivi della Yamaha Ténéré 700 è stato proprio quello di poter acquistare anche molti accessori usati (lo stesso portapacchi originale per il bauletto, la sella rally, la IAT Belinassu ad esempio) potendo così risparmiare una discreta somma. L’altra “papabile” Aprilia Tuareg 660 invece, essendo molto più recente, mi avrebbe costretto a rivolgermi solamente al mercato del nuovo, ed inoltre non tutti i produttori aftermarket avevano ancora sviluppato accessori dedicati.

Su strada

Questa moto mi ha stupito positivamente per quanto, seppure con una struttura e una meccanica di concezione “vecchia” (perdonatemi il termine, intendo dire più simile concettualmente alle moto di un decennio fa che a quelle attuali), sappia divertire tanto alla guida sia su strada che in offroad.

Lo stupore maggiore devo dire che arriva proprio dal piacere di guida su strada in quanto con geometrie così spinte verso l’offroad, sospensioni a lunga escursione e un motore sulla carta non certo esplosivo, riesce comunque a regalare più di un sorriso nel misto: la coppia c’è sempre ed è pronta a spingerti fuori dalle curve in ogni marcia (ok, la rapportatura corta aiuta, ma la “schiena” è ben presente) e la ciclistica asseconda anche una guida più veloce, salvo ovviamente avere l’accortezza di guidare morbidi sia come traiettorie che come trasferimenti di carico. Perfino nel traffico risulta abbastanza agile da riuscire a cavarsela meglio del previsto (e molto meglio dell’Africa Twin, anche se sicuramente l’attuale 1100 è migliorata parecchio in agilità).

Insomma pur avendo “solo” 73 cv questo motore denominato “CP2” fa un piccolo miracolo: c’è sempre la percezione di averne almeno una ventina in più (sensazione, ripeto, perché poi l’allungo non è certo eccezionale come quello di un KTM 790 per fare un paragone). Parlo sempre di guida senza passeggero e con minimo bagaglio, perché a pieno carico la faccenda cambia radicalmente: le sospensioni cedevoli vanno in affanno, il motore mostra il fianco sotto i 4-5’000 giri e così via.

Off-road

Fuori dall’asfalto la moto è proprio a suo agio, ma questo lo si dava quasi per scontato, la posizione in piedi è pressoché perfetta (in barba alla “strana”posizione delle pedane dell’Africona) e l’erogazione del motore permette di trovare la trazione “con il polso” anche non avendo controlli elettronici.

Qui voglio fare un appunto, perché sono favorevolissimo al traction control soprattutto se regolabile su livelli abbastanza permissivi poiché diventa utile anche in offroad: qui purtroppo non c’è (sarebbe davvero costato così tanto?) ma la cavalleria non certo esorbitante, unita all’erogazione piena ma tutto sommato dolce in quanto priva di “botte” in stile austriaco, fanno davvero perdonare questa mancanza poiché su ogni fondo è sempre semplicissimo “sentire” la trazione sulla manopola destra.

Dopo una lunga attesa fatta di casa-ufficio e qualche breve giretto fuori porta, finalmente ho sporcato la Ténéré 700 per bene sulle sabbie del Sahara tunisino, dove mi ha portato senza problemi fino a Tembaine, raggiunta superando cordoni di dune piuttosto impegnativi gommata con le collaudate Mitas E-10.

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Cordoni di dune verso Tembaine

Passando ore ed ore in piedi si apprezza la possibilità di stringere comodamente (nel vero senso della parola) le ginocchia sui lati della sella rally con il risultato di poter “scaricare” le braccia a dovere, quindi stancarsi meno e guidare meglio. L’unico appunto mi sento di farlo al manubrio, che a primo impatto sembra quasi stretto -se non altro paragonato sempre a quello Honda- anche se poi all’atto pratico ci si abitua subito e non ci sono particolari svantaggi derivanti da questa scelta tecnica.

Conclusioni

Dopo quasi un anno in sella posso comunque dire che si tratta di una moto completa, divertente e poliedrica: l’unico limite lo ha se si vuol viaggiare con il passeggero e/o con tanto bagaglio e su lunghe percorrenze, dato che la sella enduristica è parecchio scomoda già dopo un’ora o due (buona idea però usare un fondello da ciclista per ovviare in parte al problema se si prevedono lunghi trasferimenti).

Infine i consumi di questa Yamaha Ténéré 700: nella media pieno-pieno non sono quasi mai sceso sotto i 20 km/litro nemmeno nell’uso esclusivamente cittadino, mentre nel misto si superano tranquillamente i 23: il serbatoio da soli 16 litri è sufficiente quindi a garantire un’autonomia più che dignitosa anche senza dover scomodare la “maggiorata” World Raid da poco in commercio.

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per strada verso Douz